Convoglio Duisburg
Nel 1941 la campagna dell’Afrika Korps tedesco e le attività delle forze armate italiane richiedevano un continuo rifornimento di truppe, mezzi, pezzi di ricambio, munizioni e vettovaglie. L’unico modo per garantire rifornimenti adeguati era quello di organizzare convogli di mercantili che, protetti da una scorta navale e aerea, potessero dall’Italia raggiungere il porto di Tripoli.
Winston Churchill era convinto che per poter fermare Rommel in nord Africa bisognava ad ogni costo tagliare la catena dei rifornimenti delle forze dell’asse italo-tedesco e per far questo individuò nell’isola di Malta la base operativa ideale. Da Malta potevano partire gli aerosiluranti per l’attacco ai convogli, i bombardieri per le incursioni in Italia e Grecia, i sommergibili con compiti di sorveglianza e attacco e le navi che potevano facilmente raggiungere ogni punto del mediterraneo orientale. I britannici avevano dalla loro parte la possibilità di utilizzare il radar, strumentazioni radio sicuramente migliori di quelle degli italiani e un sistema di decifrazione della messaggistica nemica che permetteva di conoscere in anticipo ogni movimento del nemico.
Fino al maggio del 1941 il X° Corpo Aereo Tedesco era impegnato nell’azione di contrasto delle attività inglesi a Malta. Azioni di bombardamento e di pattugliamento riescono a tenere gli inglesi, in modo abbastanza efficace, lontani dalle rotte dei convogli. A metà maggio, Hitler decide di spostare Il X° parte in Grecia e parte a Creta per poter garantire una maggiore copertura ai convogli, lasciando il compito di sorveglianza dei movimenti inglesi a Malta all’aeronautica italiana. Gli aerei italiani seppur numerosi erano tecnologicamente arretrati e, diversamente dagli inglesi, non disponevano di un sistema di comunicazione adeguato, e per questo non riuscivano a mantenere un efficace sistema difensivo.
Gli inglesi riuscivano a mettere a segno un maggior numero di attacchi mettendo in difficoltà la catena logistica dei rifornimenti delle forze armate dell’Asse. Inoltre, senza che italiani e tedeschi se ne rendessero conto, il sistema di crittografia dei messaggi era stato decrittato, mettendo il sistema di spionaggio inglese nelle condizioni di conoscere in anticipo ogni movimento degli avversari. Gli aerosiluranti, i bombardieri e i sommergibili riuscivano ad intercettare i convogli italo-tedeschi con una precisione che con lasciava scampo ai bersagli. Effettuavano attacchi fulminei devastanti senza permettere azioni di difesa efficaci e ritornavano alla base maltese indisturbati. Malta assumeva, quindi, un ruolo sempre più centrale nello scacchiere difensivo delle forze armate di Churchill.
Alla fine di ottobre del ’41, arrivano a Malta due incrociatori, Aurora e Penelope, e due cacciatorpediniere, Lance e Lively. La Forza K. I bombardieri italiani non riuscivano ad avvicinarsi a Malta per provare a danneggiare queste unità perché le difese dell’isola erano state rinforzate con un sistema di batterie contraeree più efficiente e per la presenza di caccia Hurricane che attaccavano le formazioni italiane. Gli Hurricane erano in grado di effettuare azioni di mitragliamento a bassa quota senza poter essere facilmente inquadrati dalla nostra contraerea e riuscivano a infliggere danni sempre maggiori agli aerei negli aeroporti siciliani.
Nelle notti silenziose i pozzallesi spesso sentivano i colpi della contraerea maltese che cercava di contrastare gli attacchi dei bombardieri italiani. I colpi “re cannuna i Malta”, nell’immaginario pozzallese “erunu caliati comu e cannulini i Malta”, erano duri e secchi come duri erano i confetti maltesi che mettevano a dura prova i denti dei cittadini della piccola comunità siciliana separata dall’isola dei Cavalieri da appena 60 miglia di mare.
I vertici della difesa italiana erano molto preoccupati delle attività inglesi e premevano sull’alleato tedesco chiedendo un rinforzo aereo che potesse supportare gli italiani contro gli inglesi. I nostri bombardieri erano in grado di operare solo in quota e non in picchiata, come tedeschi e inglesi e, inoltre, i nostri caccia usati come copertura contro gli aerosiluranti non potevano comunicare con le navi di scorta dei convogli se non con segnali luminosi (specchietti di giorno e luci di notte) con risultati penosi. Nel mese di novembre Hitler fornì i rinforzi richiesti grazie alla stasi sul fronte russo e inviò il federmaresciallo Kesserling in Italia nominandolo, in accordo con i vertici italiani delle forze armate e Mussolini, Comandante Superiore del Sud avente il comando tattico a Taormina.
La presenza della Forza K indusse gli italiani a diminuire il numero di convogli diretti in nord Africa. Tutti i rifornimenti erano preziosi e non si poteva correre il rischio di perderli. In accordo con i tedeschi di decise, allora, di organizzare un grande convoglio con numerose navi di scorta facendogli seguire una rotta lontana da Malta. Una rotta che portasse le navi ad una distanza superiore alle 190 miglia di autonomia degli aerosiluranti inglesi e in grado di permettere una facile individuazione della Flotta K qualora avesse tentato un attacco.
8 novembre 1941 – Base Navale di Messina
Alle 3:30, con l’aiuto dei rimorchiatori dalle banchine del porto di Messina salpano due piroscafi la motonave Rina Corrado (5180 tsl) e la pirocisterna Conte di Misurata (5014 tsl). Erano arrivate in porto, provenienti da Palermo, il giorno prima alle 14 circa. Poco prima dalla base navale, la statua della Madonnina posta all’estremità dell’ingresso del porto, ha visto i caccia Oriani, Libeccio e Grecale staccarsi, uno dopo l’altro, dalla banchina e portarsi poco fuori l’imboccatura del porto. I due mercantili, mollati i rimorchiatori, si dispongono in fila e i tre caccia si dispongono due ai lati delle navi e una in testa al piccolo convoglio. Rotta Sud, lento moto.
Il giorno prima, alle 6:30, dal porto di Napoli sono partiti i piroscafi tedeschi Duisburg (7389 tsl) e San Marco (3113 tsl) e i mercantili italiani piroscafo Sagitta (5153 tsl), motonave Maria (6339 tsl) e la motocisterna Minatitland (7599 tsl). Questi cinque mercantili sono scortati dai caccia della 10a Squadriglia, Maestrale, con funzioni di nave capo scorta, Euro e Fulmine con in più quattro caccia della 13a Squadriglia, Granatiere, Fuciliere, Alpino e Bersagliere. Il convoglio e la sua scorta, giunto al traverso dell’isola di Capri, punta su Messina. Velocità pianificata 9 nodi.
Sono le 4:30 dell’8 novembre. I due gruppi di navi si uniscono formando il convoglio Beta divenuto, in seguito, Convoglio Duisburg. Il convoglio che si forma assume rotta est e i mercantili si dispongono in tre colonne. La colonna a Nord è formata dalla petroliera Minatitland e dal piroscafo Maria con il CT Euro in testa e il CT Grecale in coda. La colonna centrale dai piroscafi Duisburg (capo convoglio), Sagitta e Rina Corrado. Quella a Sud dal piroscafo San Marco e dalla petroliera Conte di Misurata con il CT Maestrale in testa e il CT Oriani in coda. I CT Libeccio, sul fianco Nord, e il CT Fulmine, sul fianco Sud chiudono la protezione al convoglio.
Nord
Intorno alle 16:45 il convoglio è raggiunto da altri quattro CT della XIII Squadriglia e da due Incrociatori pesanti, Trento e Trieste, della III Divisione che si posizionano, un po’ defilati, dietro al convoglio.
Rotta Est, velocità 8 nodi. Lo scopo di questa rotta era di spostarsi verso est per poi scendere verso l’Africa ad una distanza sufficiente da essere fuori tiro degli aerosiluranti inglese. Inoltre, in caso di avvistamento da parte di ricognitori, si voleva convincere il nemico che il convoglio fosse diretto in Grecia. Il convoglio, durante le ore diurne, ha anche un supporto aereo con caccia ad alta quota per la protezione contro gli attacchi da bombardieri e a mille metri per la protezione contro gli aerosiluranti. Inoltre una serie di ricognitori effettuava missioni verso sud est per individuare eventuali attività nemiche mentre altre missioni aere di esplorazione e bombardamento veniva effettuate sull’isola di Malta. In prossimità dell’isola erano stati dislocati anche due sommergibili per contrastare eventuali attività della Forza K.
Nel pomeriggio dell’8 novembre una vedetta dell’Euro avvista un ricognitore nemico alla distanza di circa 5 km. Immediatamente viene ordinato il posto di combattimento su tutte le navi e con segnali luminosi si cerca di comunicare con gli aerei della scorta di attaccare ed abbattere il ricognitore. Le navi non potevano comunicare via radio con gli aerei e questi non videro i segnali per cui il ricognitore inglese, decollato da Malta, comunicò la posizione del convoglio alla sua base operativa. A 40 miglia a Est di Capo Spartivento in Calabria, un convoglio con una nutrita scorta si muove verso la Grecia. Agli inglesi non servì la decrittazione dei messaggi di italiani e tedeschi per scoprire il convoglio e per immaginare dove potesse essere diretto. Non era certo la Grecia la destinazione finale. A giudicare dal numero di navi e dall’impegno messo in atto per la sua protezione, quel convoglio poteva essere diretto solo in Libia.

Appurato che si trattava di un ricognitore isolato, sul Cacciatorpediniere Oriani, come su tutte le altre navi, sia militari che civili, si passa dal posto di combattimento, al in primo grado di approntamento generale cioè pronti al combattimento appena le vedette avessero individuato aerei o navi nemiche o le scie di qualche siluro lanciato da sommergibili in agguato e, successivamente, alla normale attività di bordo. Chissà quale fosse il posto di combattimento assegnato al Sottocapo Nocchiere Saverio Vindigni sul CT Oriani. Probabilmente il suo compito sarà stato di addetto allo spegnimento incendi in coperta o alla preparazione di un eventuale abbandono nave oppure di aiuto a uno dei due impianti per il lancio delle bombe di profondità posti a centro nave. Non lo sappiamo. Sicuramente il suo posto di combattimento era in coperta. Il venticinquenne marinaio era uno dei 183 uomini dell’equipaggio di una delle navi più efficienti della Regia Marina. Ottimamente armata, era in grado di agire efficacemente contro attacchi aerei e di altre navi e capace di rispondere prontamente ad attacchi di sommergibili. L’avvistamento del ricognitore mette tutto l’equipaggio in uno stato di nervosismo. Quell’aereo era ritornato alla sua base ma sicuramente aveva anche comunicato la posizione delle navi.
Il comando inglese alla Valletta non perde tempo. Ha rotta e velocità del convoglio. Calcolare la rotta per intercettarlo è un gioco da ragazzi. immediatamente le navi della Forza K vengono messe in preallarme. Tutti i componenti degli equipaggi in franchigia vengono immediatamente richiamati a bordo. Alle 17:30 tutte le unità hanno comunicato il Pronto in Macchina. Gli incrociatori Aurora e Penelope e i caccia Lance e Lively mollano gli ormeggi e a tutta forza si dirigono versa la posizione stimata del convoglio. Le manovre degli inglesi non furono rilevate dai ricognitori italiani e nemmeno i due sommergibili si accorsero della partenza degli inglesi. Eppure le macchine delle quattro navi dovevano emettere una notevole quantità di fumo e sottacqua le eliche dovevano far molto rumore. Niente. Nessuno si accorse di niente. Furono fatti decollare anche un bombardiere Wellington munito di radar e otto aerosiluranti Swordfish. La missione aerea non ebbe alcun esito a causa di un guasto al radar del bombardiere mentre per gli aerosiluranti il convoglio, come previsto dagli italiani, era fuori dalla loro portata e quindi tornarono indietro.
Tramontato il sole gli aerei di scorta del convoglio italiano tornarono alle loro basi e le navi della scorta si avvicinarono ai mercantili tenendosi a non più di 5 miglia di distanza così come previsto dal piano della missione. Il convoglio riteneva di essere al sicuro. Anche se era stato avvistato, un’azione degli inglesi era ritenuta improbabile proprio per la distanza da Malta e perché il sistema informativo non aveva comunicato alcun movimento anomalo. In ogni caso gli inglesi potevano disporre di sole 4 navi mentre la scorta del convoglio era composta da due incrociatori pesanti e dieci cacciatorpediniere. Le navi italiane erano dotate, inoltre, di armamenti migliori ma non erano dotate né di radar da scoperta né di radar di tiro.
Intanto il Convoglio Duisburg cambia formazione. Mentre le navi della scorta si muovono zigzagando, i mercantili passano dalla formazione a tre colonne a quella a due.
Nord
La rotta del convoglio viene variata da 90° a 161°, quasi verso Sud. Sono le 19:55 dell’8 novembre. Le navi della IIIa Divisione risalgono il convoglio e si portano a circa 30° a dritta del Maestrale e quindi invertono la rotta defilando sul lato di dritta del gruppo di navi.
Le quattro navi inglesi, intanto, hanno evitato la sorveglianza del Settembrini, uno dei due sommergibili italiani che avrebbero dovuto intercettare le navi inglesi in partenza da Malta. Alle 00:39 del 9 novembre una vedetta dell’Aurora, nave capo fila della Forza K, avvista con il cannocchiale, il convoglio ad una distanza di circa 15 Km. L’avvistamento ottico viene fatto prima ancora di quello al radar di cui le navi inglesi sono dotate. Le condizioni del mare sono perfette e la visibilità ottima. Quella notte la luna è nel suo ultimo quarto ed è abbastanza luminosa da illuminare perfettamente l’orizzonte a Est. La Forza K vede il convoglio quasi in controluce mentre le navi del convoglio e della sua scorta non si accorgono della presenza del nemico. Le navi italiane si trovano a 180 miglia a Est di Malta, 135 miglia a sud di Siracusa e 100 miglia ad est-sud-est di Capo Spartivento. Il comandante dell’Aurora, Agnew, decide di accostare a sinistra assumendo rotta 350°. La scorta indiretta, Trieste, Trento, Bersagliere, Granatiere, Fuciliere e Alpino, andava controbordo al convoglio verso Nord. Nessuno si accorse della presenza della Forza K a poppa della scorta indiretta. A 17 minuti dall’avvistamento, gli inglesi sono nella posizione ideale per attaccare. Le navi vengono individuate una a una cominciando, come previsto dai piani di attacco inglesi, dalle navi di scorta. A meno di 5 Km dal convoglio gli inglesi, aiutati dal puntamento radar dei loro sistemi d’arma, hanno inquadrato i caccia della scorta e i mercantili. Ogni vascello inglese scelse i suoi bersagli e alle 00:57 fanno fuoco. L’Aurora, intanto, si è accorta delle altre navi, la scorta indiretta, e li scambia per altri mercantili e ordina di continuare con l’attacco. Il CT Fulmine fu colpito per primo. Non ebbe tempo di reagire e affondò in pochi minuti. Il Grecale fu colpito gravemente anche lui incapace di reagire. L’Euro, che si trovava più avanti, riuscì a sfuggire a questo primo attacco e seppur colpito in modo non grave inizio a stendere una cortina fumogena nel tentativo di coprire i mercantili. Stessa cosa fecero Libeccio e Maestrale. Nessuno dalle navi italiane riuscì a capire chi li stesse attaccando. Pensavano ad un attacco aereo e le navi inglesi furono scambiate per la scorta indiretta italiana. Il Maestrale, capo scorta, ordinò a tutti i caccia di coprire i mercantili con cortine fumogene pensando sempre di essere sotto attacco aereo. Tutti i caccia aumentarono la loro velocità e accostarono dirigendosi a Est bersagliati dai colpi delle navi inglesi. L’Euro accennò ad un attacco con siluri contro la Forza K ma nel dubbio che fossero, invece, le navi della scorta indiretta, cessò l’attacco. I mercantili accostano a loro volta e tutti seguono il Maestrale nella sua corsa senza senso, scappando dal nemico anziché affrontarlo.
Il Maestrale colpito all’antenna radio non è in grado di comunicare con le altre navi e, queste, rimaste senza ordini replicano le manovre del CT caposcorta. Gli inglesi, intanto, senza alcun contrasto attaccano e affondano tutti i mercantili del convoglio.
E la scorta indiretta? I due incrociatori pesanti e altri quattro caccia che fanno? Anche loro non si rendono conto della provenienza dell’attacco. Vanno prima per 240°, poi accostano a sinistra dirigendo per 180°. Il Trieste inizia a sparare da una distanza di 8 Km senza riuscire a mettere nessun colpo a segno. Inspiegabilmente si spostano ad una velocità di 15 Kn pur potendo raggiungere agevolmente i 30 Kn. Mentre gli inglesi vanno a tutta forza verso Malta cercano, di colpirli ma non avendo radar di tiro ed essendo la distanza di circa 17 Km cessano l’attacco. Preoccupati per possibili attacchi di aerosiluranti si dirigono verso Nord. Reazione scomposta, incomprensibile quella delle navi italiane, viziata certamente da inferiorità tecnica ma assolutamente ingiustificata per la superiorità in armamenti e in potenza di fuoco.
E il sottocapo nocchiere Saverio Vindigni? Il CT Oriani fu colpito solo da delle schegge. Nessun colpo diretto arrivò sul caccia. Solo schegge. Il sottocapo Vindigni era in coperta. Correva da una parte all’altra della nave agli ordini dei suoi superiori. I mitraglieri alle Breda 20/65 sventagliavano il cielo alla ricerca di bersagli aerei che non c’erano. Le schegge di un proiettile di medio calibro inglese colpirono il marinaio all’emitorace sinistro provocando una ferita lacero-contusa penetrante. Fu, però, un’altra la ferita più grave. Una delle schegge provocò una ferita molto estesa della faccia mediale (interna) del braccio sinistro danneggiando l’arteria brachiale provocando una emorragia estesa e inarrestabile. A nulla valsero i soccorsi immediati. Trasportato nella sala chirurgica della nave l’ufficiale medico (A.S.T.) Giuseppe Cipolat non potè far nulla per riportarlo in vita. L’emorragia fu talmente copiosa da condurre alla morte il marinaio in pochissimi minuti.
Il Sottocapo Nocchiere Saverio Vindigni, figlio di Giovanni e fu Giardina Rosalia, di anni 25, residente a Pozzallo in via Solferino 100 muore alle 3:15 del 9 novembre 1941 a bordo del Regio Caccia Torpediniere Oriani in azione di guerra. Verrà seppellito nel cimitero di Messina e insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione:
«Imbarcato su silurante in servizio di scorta a convoglio, nel corso di uno scontro notturno, assolveva il suo compito con sereno coraggio ed elevato spirito di sacrificio. Gravemente ferito da schegge di bomba immolava la vita nell’adempimento del dovere»
©Antonio Monaca
Per approfindimenti:
http://conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com/2020/11/alfredo-oriani.html