Piroscafo Avvenire

     La fine della Prima Guerra Mondiale, con la sconfitta dell’impero germanico, aveva costretto il Kaiser Guglielmo II, imperatore di Germania e di Prussia, ad abdicare. Il Trattato di Versailles del 1919, obbliga la Germania alla perdita delle colonie, a cedere territori alla Francia, al Belgio, alla Lituania, alla Danimarca e ad assistere alla ricostituzione della Polonia. Il 30 gennaio 1933, un semplice caporale dell’esercito bavarese, sopravvissuto alla guerra, riesce a diventare Cancelliere della Repubblica di Weimar instaurata a seguito dell’abdicazione del Kaiser. Si chiama Adolf Hitler e, pur essendo austriaco, incarna tutto il risentimento tedesco contro i paesi europei per il trattamento riservato alla Germania dopo la sconfitta. Il nuovo cancelliere ha le idee molto chiare ed ha un piano per riportare il Reich agli antichi splendori e per sottomettere tutta l’Europa alla supremazia del Terzo Reich, come lo chiama. Ha già chiaro che per realizzare questo “sogno” deve ricostituire le sue forze armate. Il Trattato di Versailles ha infatti fortemente ridimensionato il sistema militare tedesco ponendo forti limitazioni alla quantità ed alla qualità degli armamenti. Nel 1934, Hitler, sigla un patto di non aggressione con la Polonia per evitare che questa, alleandosi con la Francia, potesse aggredire la Germania. In realtà non ha nessuna intenzione di rispettare questo accordo. Gli serve solo per proteggersi da Polacchi e Francesi ma in quegli anni, nessun capo di stato europeo ha manie di belligeranza se non lui. La guerra ha drenato risorse, impoverito e stremato le finanze. Sono morti circa 16 milioni di uomini e altri 20 milioni sono rimasti feriti o mutilati. Durante la guerra, poi, l’epidemia influenzale conosciuta come “spagnola”, ha provocato altri 25-30 milioni di morti in tutto il mondo. L’Europa ha bisogno di pace e per perseguirla, Francia e Gran Bretagna, derogano al Trattato di Versailles eliminando, per esempio, le limitazioni alle forze armate tedesche e acconsentono all’annessione dell’Austria alla Germania.

1° settembre 1939

     L’esercito tedesco, invade la Polonia. Scoppia la II Guerra Mondiale. Ma se la Germania ha un pazzo alla sua guida, l’Italia si bea del megalomane fascista. Mussolini è indeciso. Guarda Hitler con sospetto ma anche con ammirazione. L’Italia ha un accordo con la Germania, un patto di alleanza ma, Mussolini, dichiara la sua neutralità. Non vuole partecipare ad un’altra guerra perché sa benissimo in quali condizioni versano le nostre forze armate ma, allo stesso tempo, anche in considerazione dei rapidi successi militari dei tedeschi, non vuole restare fuori dai giochi e mira a trarre un guadagno in termini di nuovi territori, di potere e prestigio personale. È la stessa storia del primo conflitto mondiale. Prima neutrali e poi le mire espansionistiche e di potere personale spingono per “gettarsi nella mischia”. Siamo neutrali ma è meglio prepararsi. Le forze armate italiane ricevono ordini precisi. L’Italia non è in guerra ma deve prepararsi alla possibilità che debba farla.

     La Marina Militare, a questo proposito, riceve l’ordine di stendere degli sbarramenti di mine nel Canale di Sicilia. La presenza degli inglesi a poche miglia dalla costa italiana nell’arcipelago maltese è un pericoloso avamposto che, in caso di guerra, potrebbe essere molto fastidioso per le linee di rifornimento italiane verso la Libia ma anche per le strutture militari siciliane.

     Il Comando Militare Marittimo della Sicilia forma quello che è conosciuto come “Dispositivo del Canale di Sicilia”. Si tratta di navi, sommergibili e aerei che hanno la funzione di impedire il passaggio di navi e sommergibili che dal Mediterraneo Occidentale vogliono raggiungere il Mediterraneo Orientale. Ma l’Italia non è in guerra. A che serve creare una struttura difensiva e, potenzialmente, offensiva se si è neutrali? Perché Mussolini, dopo il 1° settembre, con il passare dei mesi, è sempre più convinto che schierarsi con i tedeschi rappresenta un’opportunità unica e che, vista la velocità con la quale la Germania sta conquistando l’Europa intera, questa guerra durerà poco ed è meglio ritrovarsi dalla parte dei vincitori.

     Il “Dispositivo Canale di Sicilia” è formato dalla 1a e dalla 2a Flottiglia Torpediniere e dalla II Flottiglia MAS (Motoscafo Anti Sommergibile) a cui si aggiungono le posamine Adriatico, Scilla, Buccari, Brioni e gli idrovolanti e i bombardieri dell’Aviazione di Sicilia. La Regia Torpediniera Altair, classe Spica, costruita nei cantieri dell’Ansaldo di Sestri Ponente (GE), unitamente alla R.T. Antares, alla R.T. Andromeda e alla R.T. Aldebaran, formano la XII Squadriglia Torpediniere con base in Sicilia, a Trapani e fanno parte della 2a Flottiglia Torpediniere. La 1a Flottiglia è invece formata dalla R.T. Alcione, dalla R.T. Aretusa, dalla R.T. Airone e dalla R.T. Ariel.

Porto di Civitavecchia 7 giugno 1940 Piroscafo “Avvenire”

     È in servizio dal 1883. Ha 57 anni, sei anni in più di un marinaio “navigato” che fa parte del suo equipaggio. Antonino, Nino, è un marinaio esperto. Ha navigato sui bastimenti a vela dei tanti armatori pozzallesi. Il suo numero di matricola è 2356 1a Categoria della Gente di Mare di Catania, così come l’Avvenire iscritta fra il naviglio mercantile del Compartimento Marittimo di Catania al n. 173. Il suo proprietario è uno dei massimi armatori siciliani: Matteo Scuderi di Catania. Nino Scala è impegnato ai bighi di carico. L’Avvenire sta caricando fusti di benzina destinati alla Tripolitania. Caricare fusti di benzina è una operazione delicata, forse ancora più delicata della caricazione su una petroliera. Bisogna verificare che siano tutti ben sigillati per evitare fuoriuscite del liquido infiammabile ma anche per contenere, quanto più possibile, lo sprigionamento di gas che porterebbero alla formazione di atmosfere esplosive. I fusti, poi, vanni stivati con estrema attenzione. Sul fondo della stiva vengono sistemate tavole di legno e tacche, anch’esse di legno, separano ogni fusto da quello accanto, dalle paratie delle stive e dal fasciame per impedire che, a causa dei movimenti della nave, possano generarsi scintille. I fusti vengono, poi, vincolati fra loro con cavi di canapa e non con catene o cavi di acciaio sempre per evitare la formazione di scintille. Riempito completamente il fondo di una stiva, i fusti vengono sovrapposti sempre dopo aver steso un altro strato di assi di legno e così fino al completamento della caricazione. Nino sta particolarmente attento quando la pedana con i fusti, agganciata al cavo del bigo, passa attraverso la mastra di boccaporto. I fusti non le deve urtare e, arrivato sul fondo, non deve toccare gli altri già stivati. I marinai nella stiva guidano la pedana nella discesa e mettono le zeppe di legno per evitare il contatto diretto con quanto già stivato. Terminata una fila la si fissa con i cavi di canapa e ci si accerta che non ci siano giochi fra un fusto e l’altro. Finalmente il carico è tutto a bordo. Il nostromo e il 1° ufficiale di coperta, Francesco Sampognaro, controllano un’ultima volta e si ordina la chiusura dei boccaporti. In macchina è tutto pronto.

     Le caldaie sono in pressione. Anche se la nave è vecchia non ci sono grossi problemi né in macchina né in coperta. C’è un po’ di ruggine in giro ma la manutenzione è continua e garantisce la solidità complessiva del vecchio piroscafo. Come tanti piroscafi mercantili svolge un servizio quasi li linea fra l’Italia e la Libia dove la colonia italiana è in forte espansione. A bordo nessuno crede alla possibilità di partecipazione dell’Italia alla guerra dei tedeschi per quanto le voci siano sempre più insistenti. Nino Scala ha cinquantuno anni e probabilmente non verrebbe richiamato, almeno nell’immediato, anche perché le navi mercantili hanno in ogni caso bisogno di equipaggi e i trasporti non possono essere fatti con le navi militari. Pronti in macchina. Equipaggio pronto alla manovra. Pilota a bordo. L’Avvenire è una navetta di appena 957 tonnellate di stazza lorda. Per la manovra basta un solo rimorchiatore. La nave è ormeggiata con la prua ad un corpo morto, la fiancata di sinistra accostata alla banchina e mantenuta da traversini e a poppa con il cavo ormeggio di poppa, il batticulo. Rimorchiatore sottobordo a poppa. Appena dato volta al rimorchiatore, il comandante, dalla piccola aletta di sinistra, da ordine con il megafono di mollare il batticulo (spring) e i traversini man mano che il rimorchiatore allontana la poppa dalla banchina. Elica libera, urla un marinaio da poppa. È il segno che tutto il cavo di ormeggio è a bordo. A questo punto si comincia a virare la catena di ormeggio al corpo morto di prua e, contemporaneamente, con il telegrafo di macchina, si ordina “avanti adagio”. La risposta dalla macchina arriva subito. L’elica inizia a girare lentamente e aiuta il lento avanzare della nave che facilita il lavoro degli organi di tonneggio. Appena il corpo morto è libero, il comandante ordina “20° a dritta”. La nave, tirata da poppa dal rimorchiatore, sotto l’effetto del propulsore e del timone si allontana sempre più dalla banchina e inizia a virare lentamente a dritta e il pilota suggerisce di assumere rotta tre-uno-sette per portarsi al centro del bacino per poi accostare a sinistra e uscire dal porto. Superati i frangiflutti di accesso al porto, il pilota lascia la nave e, questa, mentre la pilotina si allontana, accosta ancora a sinistra e assume rotta uno-otto-zero. Avanti mezza e lentamente la velocità aumenta. Avanti tutta e alla via così. Il comandante Lizio Placido passa il comando all’ufficiale di guardia e va in cabina a sistemare i documenti del carico. Si prospetta una navigazione tranquilla. Condizioni meteo buone sono previste fino all’arrivo a Tripoli dove si dovrebbe arrivare la mattina del 9 giugno. Nino è in coperta. Sistemati i cavi di prora nella cala del nostromo, provvede, assieme al nostromo e ad un altro marinaio, a sigillare il pozzo delle catene per evitare che, in caso di maltempo, onde di prua possano far entrare acqua che appesantirebbe la nave. Finito il lavoro, Nino, che non è di guardia, va a riposare. Le operazioni di carico e la manovra di partenza sono state molto impegnative e a 51 anni non si hanno di certo le energie di quando si è giovani ventenni.

Altair prove a mare golfo di Genova

     Lo scorso 26 maggio, il Comando Militare Marittimo della Sicilia, dispone il posizionamento di campi minati nel Canale di Sicilia e organizza le navi del “Dispositivo” a questo scopo. È l’8 giugno. Mancano due giorni all’entrata in guerra dell’Italia e, prima che Francia e Inghilterra possano modificare i loro assetti marittimi nel Mediterraneo, bisogna disporre sbarramenti in grado di fermare i movimenti dei futuri nemici. La Torpediniera Altair lascia il porto di Trapani con il compito di scortare la posamine Scilla. Assieme ad Altair e Scilla, lasciano il porto di Trapani anche la Torpediniera Alcione e la posamine Buccari. La loro missione segreta è di stendere una linea di mine che vengono chiamati “1 AN” e “2 AN”. Le mine usate sono residuate dalla prima guerra mondiale e sono conosciute come mine Elia e Bollo dal nome dei loro ideatori. Anche se possono sembrare un residuato bellico, queste mine sono molto efficienti.

     Il conte di San Valentino, Giovanni Emanuele Elia, Guardiamarina della Regia Marina, agli inizi del ‘900 aveva perfezionato un’arma utilizzata ma poco efficace: la torpedine (mina). Il perfezionamento parte con la sostituzione dell’esplosivo. Sostituisce alla nitroglicerina (dinamite), usata fino a quel momento, con il trinitrotoluene (tritolo). Il nuovo esplosivo è molto più stabile della dinamite, ha un potere esplodente maggiore e, cosa ben più importante, resistente all’acqua, qualità non trascurabile per un’arma destinata a restare immersa. Il meccanismo di innesco dell’esplosione era realizzato con delle lunghe sporgenze di piombo contenenti una fiala di vetro piena di acido.

Mina P200
Mina P200

Quando questi cilindri venivano urtati dallo scafo di una imbarcazione, si piegavano rompendo la fiala di vetro. L’acido contenuto nella fiala, attraverso un tubicino arrivava fino ad una particolare miscela che si incendiava sprigionando una fiamma ad alta temperatura che, quindi, innescava l’esplosione. Un’altra rivoluzione introdotta da Elia riguarda il sistema di ancoraggio e di posizionamento. La sfera contenente l’esplosivo è posta su un carrello a quattro ruote, capace di scorrere su un binario bullonato posto sul ponte della nave. Questo sistema permette rilasci molto veloci con la nave che può procedere a velocità fino a 20 nodi. La mina scorrendo sul binario, arriva fino all’estrema poppa della nave e viene rilasciata in mare. Il carrello, molto pesante, è dotato di un sistema srotolamento del cavo di ancoraggio la cui lunghezza è regolata in base alla profondità alla quale si vuole piazzare la mina. In questo modo le mine possono essere ancorate a 4/5metri di profondità in funzione antinave, o a profondità maggiori se si vogliono ostacolare i sommergibili. Le mine Elia e Bollo (le seconde molto simili alle prime) hanno cavi di ancoraggio fino a 200 metri.

     Altair e Scilla si dirigono verso sud seguendo delle rotte sicure. Proseguono in linea di fila alla velocità di 14 nodi con la posamine davanti e la torpediniera a circa 300 m di distanza. Arrivati nel punto convenuto riducono la velocità e puntano su Pantelleria. Il 9 giugno, un quarto dopo mezzanotte, l’Altair segnala il raggiungimento del punto di posa. Le mine cominciano a scorrere sui binari e una dopo l’altra vengono rilasciate in mare. Alle 2:15 la quattrocentesima mina cade in mare. Operazione conclusa. Un lungo sbarramento è stato posto nel Canale di Sicilia. Le due navi assumono rotta NNW e ridisponendosi in fila ritornano a Trapani per un altro carico di mine. Stessa cosa fanno Alcione e Buccari.

Alle 2:25 del 9 giugno, l’Avvenire, si trova 32 miglia a NNE dell’Isola di Pantelleria. Il 1° ufficiale di coperta ed il marinaio al timone sanno che quel tratto di mare è molto frequentato e guardano con attenzione il mare che hanno davanti. Non si vedono luci di altre imbarcazioni. Alle 2:30 il primo mette il punto stimato sulla carta e appena posa la matita una fortissima esplosione scuote la piccola nave e una enorme colonna di acqua si solleva dal lato di dritta. Il comandante arriva subito sul ponte, cerca di capire cosa sia successo. Un incendio si è sviluppato nella stiva di prua. Si pensa ad una perdita di benzina dai fusti i cui vapori, saturando la stiva, hanno creato un’atmosfera esplosiva che si è incendiata per qualche scintilla provocata dallo sfregamento di qualche fusto contro un altro. Immediatamente si da l’allarme e viene lanciato l’SOS. Il nostromo non fa in tempo ad organizzare la squadra antincendio che la nave sbanda velocemente a dritta e contemporaneamente si apprua. Il comandante capisce subito che stanno per affondare e da l’ordine di abbandonare la nave. Non si fa in tempo a mettere in mare nessuna delle due lance di salvataggio di cui l’Avvenire è dotata. Non c’è neppure in tempo di prendere i documenti della nave. Lizio Placido indossa il salvagente e lo stesso fa il marinaio che è al timone e si lanciano in mare. Altri uomini fanno lo stesso. Se si potesse guardare dall’alto la scena si vedrebbe questa piccola nave avvolta dalle fiamme che molto velocemente affonda come fa un sommergibile in immersione rapida e alcuni uomini che nuotano, ingombrati dai salvagenti bianchi che indossano, cercando di allontanarsi per non essere coinvolti in altre probabili esplosioni e per non essere inghiottiti dal gorgo della nave che affonda.

Canale di Sicilia – lat. 37°20′ N Long. 12°13’E

     L’acqua del Canale di Sicilia nel mese di giugno non è particolarmente fredda e considerata la vicinanza dell’isola di Pantelleria e della costa siciliana, i soccorsi non dovrebbero tardare ad arrivare. È così. Due MAS arrivano in brevissimo tempo e dopo un’altra ora anche alcuni motovelieri che hanno ricevuto il segnale di soccorso raggiungono il luogo dell’affondamento. Il comandante, due marinai, il 1° ufficiale di coperta, il direttore di macchina, il 1° ufficiale di macchina, il cuoco, il fuochista e l’ingrassatore vengo recuperati dai MAS e trasbordati sui motovelieri ai quali viene ordinato di abbandonare la zona. I due motoscafi veloci, dotati di potenti fari di ricerca, perlustrano l’area alla ricerca di altri naufraghi. Mancano all’appello altre cinque persone. Non si trova più nessuno. Nessuno ha avvisato i mercantili nazionali della posizione dei nuovi campi minati. Del resto la Marina non poteva certo diramare messaggi in chiaro. L’Italia sta per entrare in guerra e non avrebbe senso far sapere a tutti dove si trovavano i campi minati. I messaggi riservati impiegano tempo per essere recapitati e per il Piroscafo Avvenire questo tempo non c’è stato.

     Nessuna perdita di carburante dai fusti, nessuna atmosfera esplosiva, nessuna scintilla. L’esplosione era esterna alla nave. Circa 150 chili di esplosivo ad alto potenziale erano esplosi appena la nave ha urtato una delle mine posate, con ogni probabilità, proprio quella stessa notte dalla posamine Scilla e delle quali l’equipaggio dell’Avvenire sconosceva l’esistenza.

10 giugno 1940

     Per tutto il giorno si sono susseguite le voci di un annuncio importante che Mussolini avrebbe fatto nel pomeriggio. Tutti ne immaginano il contenuto. Alle 18 l’opportunista, che ama farsi chiamare “Duce”, in piazza Venezia, a Roma, annuncia l’entrata in guerra dell’Italia contro Francia e Gran Bretagna. Dal balcone di Palazzo Venezia Mussolini pronuncia un discorso farneticante, applaudito da una folla “ammaestrata” e, in parte, realmente felice per quel tragico proclama. Il discorso del dittatore fascista è trasmesso in diretta, via radio, in tutte le piazze delle più importanti città del paese e davanti ad ogni sede del PNF. Concluse il suo discorso con “Vincere! E vinceremo! Per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all’Italia, all’Europa, al mondo. Popolo italiano, corri alle armi! e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore”. Il popolo italiano mostrò la sua tenacia. Mostrò il suo coraggio e il suo valore. Fu lui, invece, a mostrarsi distruttore e, alla fine, vigliacco. Nessuno credeva ad una guerra breve. La prima reazione degli italiani fu quella di fare incetta di provviste tanto che alle 7 del giorno dopo tutti i negozi di alimentari avevano lunghe file di persone che aspettavano l’orario di apertura.

12 giugno 1940 Pozzallo

     Due Carabinieri bussano alla porta di via Monte San Gabriele, al civico 8. Alla donna che apre la porta, sorpresa alla vista dei due uomini in divisa, viene chiesto se è la signora Vincenza Macauda, moglie di Antonino Scala. “Vicinzina” fa segno di si con il capo intuendo che qualcosa di brutto doveva essere successo al marito. Uno dei carabinieri, con la faccia contrita, da il triste annuncio. Antonino Scala, Nino, è uno dei dispersi dell’affondamento del piroscafo Avvenire.  Deve essere rimasto imprigionato all’interno della nave o coinvolto nell’esplosione. Il suo corpo non sarà più ritrovato. Il 19 giugno la sua morte verrà ufficializzata con la stesura del processo verbale del sinistro alla Capitaneria di Porto di Trapani e trascritta nei registri anagrafici del Comune di Pozzallo alle 17 del 3 agosto 1940 da Ernesto Tarascone, Segretario Capo con delega del Podestà allo svolgimento di funzioni di Ufficiale dello Stato Civile.

©Antonio Monaca

https://www.naviearmatori.net/ita/foto-161194-1.html

4 pensiero su “Un marinaio del Piroscafo Avvenire”
  1. Buonasera
    Sul piroscafo Avvenire oltre ad Antonino Scala, c’erano altri due marittimi siciliani
    Caltabiano Carmelo, nato a Giardini
    Scuderi Orazio, nato a Catania

    1. Grazie per la puntualizzazione. Quanto scritto fa riferimento solo a marinai pozzallesi ed è solo un appunto sulle vicende descritte che ho voluto rendere pubblico per ricordare alle nuove generazioni che dietro il benessere di cui oggi beneficiano c’è un retroscena fatto di duro lavoro e di continui sacrifici. In mare, poi, non c’è provenienza, non ci sono “campanili” ma uomini che, pur avendo provenienze, storie e culture diverse sono impegnati per raggiungere un unico scopo: arrivare in porto sani e salvi, con la nave e il carico integri perché da questo dipende la sopravvivenza delle loro famiglie. Ancora grazie per il commento.

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