La Paranza di Carmelo Emilio
Nel corso del XVII secolo, nel mediterraneo occidentale, allo scopo di aumentare la quantità di pescato, si sviluppo un tipo di pesca “collaborativo”. Due barche, in pratica, lavoravano in coppia trascinando una rete stesa fra le due barche e questo garantiva una ottimizzazione dei tempi di lavoro, diminuendoli, e, allo stesso tempo, di pescare quantità maggiori di pesce rispetto ad una attività separata di due imbarcazioni. Per i risultati ottenuti, in breve tempo, questa tecnica si diffuse nella costa ligure, partenopea passando in adriatico. Dall’area napoletana alla Sicilia il passo fu breve e da Ischia, Capri, Napoli a Pozzallo fu brevissimo. Due barche, un paio (paro), paranza.
Pozzallo 1924. Possedere una barca a Pozzallo non è alla portata di tutti. La maggior parte delle barche sono usate per caricare i “bastimenti”. Cutter, golette, brigantini, brigolette ancorate davanti alla costa pozzallese, fra “a valata e a turri” aspettano barche più piccole che, come tante formiche, fanno la spola fra i pontili di legno o di ferro con il loro carico di carrube, granaglie, asfalto o laterizi.
Oltre a queste barche di “servizio” c’è una vera e propria flotta di barche da pesca. “Pillazzari”, “varchi a sadda”, “paranze”. L’esercizio della pesca professionale prevede la concessione di una licenza e, nel caso delle paranze, assegna un tratto di costa ben preciso dove è permesso pescare. Il padrone della paranza, titolo acquisibile dopo il superamento di apposito esame, comanda un equipaggio di 5 – 7 persone che hanno compiti diversi durante l’attività di navigazione e di pesca.
Barca n. 61 del registro galleggianti di Pozzallo, Padrone e proprietario Carmelo Emilio fu Luigi e Giovanna Barrera, titolare della licenza di padrone di Paranza da pesca, con reti a strascico, dalla Marza a Capo Scalambri (Punta Secca).
Barca n. 60 del registro galleggianti di Pozzallo, Padrone e proprietario Guastella Natale fu Giovanni e fu Fede Francesca, titolare della licenza di padrone di Paranza da pesca, con reti a strascico, dalla Marza a Capo Scalambri (Punta Secca).
La pesca con la paranza è abbastanza redditizia anche se molto faticosa e fortemente influenzata dalle condizioni meteo. Le barche pescano in coppia navigando, “assacunnu ri unni ciuscia u vientu”, essendo dotate di un albero di maestra, leggermente spostato verso prua, che porta una vela latina e un bompresso per il fiocco. La rete è stesa fra le due barche, si appoggia al fondo facendo in modo che i pesci vengano convogliati in un sacco che li intrappola cosicché basta issarla a bordo per recuperare il pescato. I “cavaddari”, come è nella tradizione, pagano il pescato quattro volte l’anno e Carmelo Emilio e Natale Guastella hanno ricevuto l’ultimo pagamento lo scorso 2 novembre. La festa “re mutticieddi” è molto sentita a Pozzallo soprattutto fra marinai e pescatori. Si può dire che non c’è famiglia in questo piccolo borgo che non abbia avuto un congiunto perito in mare e il 2 novembre è l’occasione per ricordarli e per sentirli vicini. Il pagamento del pescato in quella data è forse legato proprio a questo. Il lavoro duro, il sacrificio estremo è giustificato dalla necessità di dover mantenere la moglie, i figli e un tenore di vita dignitoso e, se gli affari vanno bene, anche per potersi costruire “u capitali”. Da Pasqua, data dell’ultimo pagamento, al due novembre i pescatori vivono di quanto pescano e che non viene comprato dai commercianti di pesce (Cavaddari). Pesci di piccola taglia o danneggiati durante la pesca vengono suddivisi fra l’equipaggio e viene venduto direttamente, porta a porta, o scambiato con beni di prima necessita. Per la manutenzione di barca e reti si ricorre molto spesso al credito. I commercianti locali sanno delle modalità di pagamento dei commercianti di pesce e favoriscono i pescatori nell’acquisto di attrezzature o parti di ricambio annotando su un quaderno i crediti concessi.
Alle 7 di martedì 25 novembre 1924, Carmelo Emilio, Natale Guastella e gli equipaggi della barca 61 e 60 si incontrano, come quasi tutte le mattine, “a valata”. L’ultima volta che sono usciti in mare è stato venerdì ma la bassa pressione che per tutta la settimana ha interessato quest’angolo della Sicilia non ha permesso di fare delle buone battute di pesca. Sabato, domenica e lunedì il mare agitato non ha permesso di uscire in mare. Sugli scogli della “valata” e sulle spiagge di Raganzino e Pietre Nere i pescatori ne hanno approfittato per pulire le reti delle alghe raccolte nei giorni precedenti e per riparare qualche buco nelle maglie. Il cielo è nuvoloso anche se non piove e la temperatura si mantiene intorno ai 18 gradi. Da domenica il barometro segna un piccolo rialzo, 966 millibar. Il cielo è quasi sgombro dalle nuvole anche se il mare si mantiene agitato. I due padroni si sono accordati per uscire in mare quel martedì e l’appuntamento alle 7 di mattina è proprio per preparare le due barche all’uscita in mare. Il vento soffia da mezzogiorno-libeccio (SSW). Mare mosso. Le onde che arrivano sugli scogli non sono particolarmente impetuose. Non dovrebbe essere difficile metterle in mare. Alle 8 e 30 le due barche sono pronte. I “falanghi” vengono spalmate di abbondante “siu”. Le due barche, quasi contemporaneamente, vengono fatte scivolare verso l’acqua dove la lancia aspetta per trainarle lontano dalla risacca e metterle in condizione di armare le vele. Poco prima di toccare l’acqua l’equipaggio sale a bordo lasciando il compito di accompagnarle per gli ultimi metri ad alcuni uomini a terra che li hanno aiutati.
I due uomini sulla lancia, intanto, iniziano a remare e le barche, beccheggiando, si allontanano dalla riva. Il mare tenta invano di ricacciarle a terra. I quattordici uomini guardano l’orizzonte sperando di intravvedere un avviso di bonaccia come il cielo terso fa sperare ma il vento soffia con costanza e le onde si susseguono con regolarità. Carmelo e Natale, considerato il vento, hanno deciso di andare verso Sampieri. Con quattro bordi controvento, di bolina stretta, senza allontanarsi troppo dalla costa, sarebbero arrivati nella zona di pesca in circa due ore.
Sono le 10 e le due barche si trovano sul traverso di Sampieri a 4/5 miglia dalla costa. Il mare continua ad essere mosso e il vento soffia ancora da SSW. La 60, al comando di Natale Guastella, assume il compito di guidare la battuta di pesca. Si posiziona sopravento e insieme alla 61, sottovento, iniziano a calare la rete. Un uomo al timone, il padrone a dirigere le operazioni e ad occuparsi della navigazione e gli altri alle manovre e alle reti. Per circa quattro ore la rete draga il fondale. Il vento comincia a cambiare direzione. Da SSW a S fino a mezzogiorno-scirocco (SSE) e aumenta d’intensità. Il mare s’ingrossa. Il vento rinforza. Non si può continuare. Si salpa la rete con il paranco di poppa e quando il sacco è ad un metro sulla poppa della 60, il suo contenuto è riversato sulla coperta e si inizia a selezionare il pesce. La barca sottovento, la 61, accosta verso l’altra barca e Carmelo Emilio, con un balzo passa sulla 60. I due padroni presenziano alla selezione del pesce e alla sua approssimata pesatura. Hanno già separato le parti che vanno ai singoli marinai, “a gghiotta”, e la parte che sarà consegnata ai “cavaddari” di Licata dove si decide di andare. Rientrare a Pozzallo è difficile per il forte mare contrario e con andatura al traverso si prosegue in direzione Mazzarelli. Le due barche navigano in fila con la 60 davanti e la 61 a seguire.
Alle 16 circa le due barche sono quasi al traverso di Mazzarelli. Terminate le operazioni di controllo del pescato, Carmelo Emilio fa cenno all’equipaggio della 61 di avvicinarsi mentre la 60 riduce la velatura per favorire l’avvicinamento. Sono le 16,30. La 61 è vicina alla poppa della 60, imbroglia la sua vela e accosta per permettere al suo comandante di tornare a bordo. Carmelo Emilio sale sulla frisata a poppa e si regge ad un cavo. La barca prende il mare al giardinetto di poppa ma rolla parecchio. Quando Carmelo è pronto a saltare, un’onda più forte delle altre, alterata dalla presenza dell’altra barca, fa sbandare la 60 più del solito e Carmelo, per mantenere l’equilibrio, si tiene con tutte le sue forze al cavo. È un attimo. Il cavo, vecchio e usurato, cede, si spezza. Natale ha appena il tempo di urlare “Cammè” e il quarantatreenne marinaio è già in acqua. Natale immediatamente lancia in mare un portello di poppa per dargli un sostegno e diede ordine alle due barche di orzare per tornare sul luogo della caduta. Le onde ostacolano la visibilità. Il portello è visibile a tratti ma di Carmelo nessuna traccia. Quando le due barche sono vicine al portello di legno, Natale da ordine di mettere a mare la lancia e con questa si cerca di individuare il naufrago. Due uomini, dall’alto dell’albero di maestra, scrutano in mare nella speranza di vedere qualche segno della presenza di Carmelo Emilio. È un ottimo marinaio e sa nuotare benissimo. Non è possibile che il mare l’abbia sopraffatto in pochi secondi. Alle 16 e 50 il sole è tramontato e alle 17 e 30 non c’è più luce. Si continua a cercare fino alle 20 e 30. Solo il berretto. Di un uomo giovane, nel pieno delle sue forze, esperto marinaio è rimasto solo un berretto. Il buio non permette di continuare le ricerche ma il mare, soprattutto, ostacola ogni tentativo di recuperare il naufrago. Il mare di scirocco è pericoloso nel Canale di Sicilia. Genera onde potenti, capaci di mettere in pericolo barche ben più grandi della 60 e della 61. Natale decide di interrompere le ricerche. Dopo quattro ore in quel mare non ci sono più speranze di trovare in vita Carmelo Emilio. Resta la speranza di ripescare almeno il suo cadavere ma in quelle condizioni non ha senso rischiare la vita di alti tredici uomini. Quella notte non c’era luna. Con ogni probabilità gli abiti pesanti di Carmelo Emilio lo hanno trascinato sul fondo facendolo annegare. Se avesse avuto il tempo di aggrapparsi al portello lanciatogli da Natale si sarebbe salvato ma il mare lo ha risucchiato sul fondo impedendogli di tornare in superficie.
Carmelo Emilio, padrone di Paranza da pesca, con reti a strascico, dalla Marza a Capo Scalambri (Punta Secca), figlio di fu Luigi e di Barrera Giovanna, nato a Pozzallo il 17-4-1881 ed immatricolato fra la gente di mare di Siracusa di 1a categoria al N. 777, morto il 25 novembre 1924 a 5 miglia al largo di Mazzarelli (Marina di Ragusa).
©Antonio Monaca
Struggente storia
. Complimenti. Di queste vicende facciamone memoria per quelli che domani avranno il diritto di sapere.
Grazie, Nicola. Questa è solo una bozza parte di una raccolta più ampia che lentamente sto costruendo. Ci tengo a sottolineare che tutti i dati riportati, di questa come di tutte le altre storie, sono reali.